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Quando è nata l'esigenza di un "ombrello" per tutelarsi dagli imprevisti della vita? E a chi è venuto per primo in mente di proporre l’assicurazione?



La storia – o meglio l’origine - delle assicurazioni in Italia è molto antica: i primi documenti risalgono infatti al 1300 e, data la lontananza temporale che ci separa da essi, risulta difficile stabilire quale sia la prima polizza comparsa nel nostro Paese. Al di là delle diverse scuole di pensiero e i differenti metodi di indagine, un fatto è certo: è nell’area ligure e toscana che si hanno i primi esempi di contratti che possono essere paragonati alle moderne polizze. È nell’ambiente economico del XIV secolo che si afferma un’idea nuova: l’assunzione del rischio altrui come operazione speculativa autonoma. Nasce così l’assicurazione “a premio”.


Genova, 1368
Abbiamo la segnalazione di una famiglia che può essere considerata l’antesignana delle compagnie di assicurazione: la Luxardo di Genova. Uno dei suoi componenti, Federico, nel 1350 si fa notare come già attivo nei traffici commerciali e nell’attività di compravendita sulla piazza ligure. Esiste addirittura una polizza che vede in veste di assicuratore Raffaele Luxardo, il quale assicura la nave di Niccolò Becchignone per la somma di 425 perperi d’oro, da rendere a Peyra, una volta che sia arrivata a destinazione. Il documento, redatto dal notaio Teramo Maggiolo, risale al 21 febbraio 1368.

Ma le ricerche degli storici proseguono senza fermarsi mai, alimentando quasi una gara fra Genova, Firenze e Pisa, per stabilire chi possa essere il primo “inventore” di una polizza quale la intendiamo oggi.


Pisa, 1379
Lo storico Federigo Melis cita un documento pisano del 1379 come "la più antica polizza finora reperita".

Genova, 1347
Enrico Bensa, professore di Diritto commerciale, industriale e marittimo nella sua opera “Il contratto di assicurazioni nel Medio Evo”, pubblicata a Genova nel 1884 si sofferma sull’atto notarile assicurativo stipulato in Genova il 23 ottobre 1347, proponendolo come primo contratto assicurativo di cui si abbia conoscenza.

Genova, 1343
Ancora Melis, nelle “Origini e sviluppi delle assicurazioni in Italia” pubblicate nel 1975 a documentare di essersi buttato nelle migliaia di rogiti notarili di quell’epoca conservati nell’Archivio genovese per portare alla luce "il più remoto contratto di assicurazione certa". E’ un documento datato 20 febbraio 1343, redatto dal notaio Casanova, e nel quale il genovese Tommaso Grillo (che opera in nome di tale Avveduto Guglielmi, palermitano) si fa assicurare f. 680 – sulla galea Santa Caterina – fingendo di aver ceduto a prestito tale somma al cittadino Amigneto Pinello (che agisce, quindi, da assicuratore); somma che gli sarà rimborsata nel caso di mancato arrivo della nave sull’itinerario Porto Pisano-Sicilia. La copertura riguarda "ballas decem pannorum", dieci balle di panni.

Le ricerche del Melis hanno portato alla luce sempre nel 1343, altri quattro contratti che presentano l’assicurazione sotto le finte vesti di un prestito. Sono note come una forma mascherata di polizza, tipicamente detta “genovese”. Si finge che l’indennizzo promesso da chi svolge il ruolo di assicuratore sia l’importo di un mutuo concesso gratuitamente all’assicurato. Questi – dichiarandosi debitore – promette di restituire la somma al primo caso di mancato arrivo della nave, o della merce, entro un dato termine temporale. In caso di buon esito del trasporto, il contratto viene considerato nullo, come se fosse viziato da errore nella stipula.

Fu la “novità” circa l’inedita figura di un terzo (l’assicuratore) che – per guadagno – promette di accollarsi un rischio a lui del tutto estraneo a convincere i notai genovesi, estensori dei contratti, a mantenere per parecchio tempo in vita la loro formula “mascherata”.

Pisa, 1379
In ambito toscano, a stipulare i contratti assicurativi furono subito i “sensali di sicurtà”. Queste figure professionali agivano in mezzo ai mercanti, con forte spirito di intraprendenza nel mettere a punto le polizze. Per loro il problema non si pose mai, pronti a dichiarare apertamente la sostanza del negozio assicurativo. Sarà questa schiettezza tipicamente toscana ad aver convinto a considerare come autentica prima polizza, quella redatta a Pisa dal sensale Boninsegna di messer Rinuccio il 13 aprile 1379: in essa infatti si delinea in modo lampante sia la figura dell’assicurato sia quella dell’assicuratore.

La Previdenza sociale in Europa
La concezione germanica aveva come substrato culturale la filosofia hegeliana, secondo cui lo Stato era razionale in sé e per sé, e l'individuo aveva oggettività e moralità solo in quanto membro dello Stato.
La trasposizione di questa concezione sul piano della protezione sociale, portò a sostenere come necessario l'intervento dello Stato per tutelare i lavoratori, in modo che l'imprevidenza dei singoli fosse corretta in funzione del superiore interesse della nazione, e affinché le occasioni di malcontento sociale fossero ridotte al minimo: spettava allo Stato garantire all'individuo che cessava di lavorare il mantenimento di un tenore di vita simile a quello posseduto durante la vita lavorativa, riconoscendo una
prestazione pensionistica commisurata alla sua retribuzione. Non fu quindi un caso che il primo modello di protezione sociale dei lavoratori promosso direttamente da uno Stato ebbe origine nell'allora Confederazione Germanica (essendo poi adottato, nella sua impostazione di base, da altri paesi europei, fra cui Francia e Italia).
Nel 1881 il cancelliere Bismarck sollecitò il Parlamento ad emettere leggi per introdurre l'assicurazione operaia obbligatoria contro gli infortuni, le malattie, l'invalidità e la vecchiaia: leggi che furono emanate nel 1883 (malattia), nel 1884 (infortuni sul lavoro) e nel 1889 (pensione di vecchiaia, d'invalidità e ai superstiti). Contrariamente a quanto sostenuto dalla concezione germanica, la concezione anglosassone, fondata sulla filosofia di Locke, individuava il fondamento dell'autorità politica nella volontà degli individui, facendo coincidere la nascita della società civile con la presa di coscienza dei cittadini di dover essere gli esecutori della legge: lo Stato non doveva intervenire in alcun modo in campo economico e sociale, ma limitarsi a garantire una tutela puramente assistenziale, uguale per tutti, e da erogare solo in specifiche circostanze d'indigenza. Tale concezione influenzò la nascita e lo sviluppo della protezione sociale dei lavoratori nel Regno Unito e nei paesi nordici, dove infatti non venne istituito un sistema di assicurazioni sociali, ma dove venne semplicemente esteso il già esistente sistema assistenziale, introducendo il principio del diritto soggettivo di tutti i cittadini - e quindi anche dei lavoratori - ad accedere alle prestazioni previste. Nel Regno Unito, ad esempio, l'importo delle prestazioni pensionistiche fu limitato alla pura sopravvivenza e riconosciuto solo agli ultrasettantenni privi di redditi sufficienti. Va comunque notato che alla fine del secolo scorso, soprattutto nel Regno Unito, avevano una larghissima diffusione i contratti di assicurazione popolare sulla vita, proposti da compagnie private di assicurazione; quindi la maggior parte degli operai di questi
paesi aveva già una copertura assicurativa.

La nascita della previdenza sociale in Italia.
In Italia, la nascita e lo sviluppo del sistema previdenziale pubblico furono influenzati, come già accennato, dall'impostazione adottata nella vicina Confederazione Germanica. Il primo provvedimento in materia fu adottato nel 1864, quando fu istituita per i dipendenti del nuovo Stato unitario l'assicurazione obbligatoria per la vecchiaia: i contributi che man mano maturavano erano posti a carico del bilancio dello Stato e l'importo della pensione era commisurato all'ultima retribuzione. Il legislatore italiano, poi, si preoccupò della tutela pensionistica obbligatoria di quelle categorie di lavoratori che, pur non essendo direttamente dipendenti dello Stato, svolgevano funzioni di preminente interesse nazionale; in poco più di vent'anni furono istituite la Cassa Pensioni per gli insegnanti, per i medici condotti, per i dipendenti degli enti locali, nonché altre Casse minori. In base alle leggi istitutive, l'equilibrio tecnico-attuariale di queste Casse si fondava su un'articolata gestione dei versamenti in dei conti individuali in nome dei singoli dipendenti, e la prestazione pensionistica era funzione dei versamenti accreditati
in tali conti, maggiorati degli interessi maturati. Tuttavia, mentre nella prima fase d'operatività delle Casse i montanti relativi a ciascun conto individuale furono valutati come risultati contabili ottenuti ex-post, in un secondo momento la gestione fu fondata su un'equivalenza attuariale - a priori e per
rischi omogenei - tra contributi versati e prestazioni spettanti (questo genere di equivalenza presiedeva, e presiede tuttora, al calcolo dei cosiddetti "premi equi" delle assicurazioni libere sulla vita, gestite a "capitalizzazione individuale").

Come si può notare le polizze, la previdenza, le tutele, sono concetti  attinenti alla vita dell'Uomo. Tanto da creare sistemi e coperture conformi alle ideologie ed alla storia dei singoli popoli, come per il caso della previdenza sociale. Resta di fondo la valorizzazione del concetto di base dell'assicurazione, il valore della persona e del suo lavoro, e della sua tutela.




Bibliografia
E. BENSA, Il Contratto di assicurazione nel Medio Evo, Genova 1884.
Atti della Mostra bibliografica e del Convegno internazionale di studi storici del diritto marittimo medioevale, Napoli 1934.
E. BENSA, I più antichi esemplari di polizze di carico, Milano 1925.
E. BENSA, Ancora sopra una singolare formola negli atti notarili genovesi, 1927.
F. MELIS, Origini e sviluppi delle assicurazioni in Italia (secoli XIV-XVI), Roma 1975.
A. LA TORRE, L’assicurazione nella storia delle idee, Roma 1995.
G. Stefani, Le Assicurazini a Venezia: dalle origini alla fine della Serenissima, Trieste 1956.


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Data ultimo aggiornamento :  11/01/2016